sabato 15 maggio 2010

Salone del Libro, Torino 2010: giorno terzo.

La New York a cipolla di Lethem

Sabato 15 Maggio 2010 16:17

Chronic City, il suo ultimo romanzo, è uscito in Italia solo due settimane fa. L’autore statunitense, Jonathan Lethem, lo presenta con il critico letterario del Sole 24 Ore, Luigi Sampietro, nel corso dell’incontro Scrittori dal mondo.

“Chronic nel titolo si riferisce sia al tempo sia, in particolare, alla marjuana spacciata a New York, la città che fa da sfondo ai lavori di Lethem – spiega Sampietro – Non c’è nome di autore più legato a una città. Sappiamo che è impossibile conoscere New York a distanza ma per fortuna esistono scrittori che ne sanno descrivere strade, profumi, sapori. Di che cosa parla il libro? Non so dirlo, contiene di tutto. Sta fra romanzo e anatomia, perché l’autore descrive la città quasi come fosse un corpo”.

Per capire il romanzo, secondo Sampietro, si deve chiamare in causa ciò che Joshua Oakley chiamava “doors of perception”, spiragli della mente che permettono di avere visioni che vanno oltre la normalità. In Lethem questo accade attraverso il narratore gigione che si dice distratto, confuso e dedito alle canne: “Sono d’accordo: le doors of perception sono la chiave di lettura del mio romanzo – dice Lethem – La realtà che ho creato non è solo quella visibile,ma una dimensione complessa che non ha nulla a che vedere con la Grande Mela. La mia realtà è più una cipolla, che si sfoglia e nella quale sotto ogni strato si scopre qualcosa di diverso. Questa è la nostra esperienza soggettiva della realtà, che è anche limitata, è illusione”.

Dalla fantascienza (Concerto per archi e canguro, 1994, e Amnesia Moon, 1995) al giallo (Brooklyn senza madre, 2003); dalla commedia erotico-musicale (Non mi ami ancora, 2007) alla graphic novel (Omega ther unknown, 2008), Lethem sfugge a qualunque categorizzazione, come i suoi romanzi.

Realismo contro iperrealismo e descrizione fotografica della realtà: che cosa ne pensa Lethem? “Prima di tutto, realismo è un concetto difficile per me, perché la stessa idea di realtà è difficile. Per me il realismo è penetrare la realtà dal punto di vista commerciale, lavorare coi giornali, vivere una dimensione familiare, usare i digital-media. Non mi cimento in descrizioni filosofiche della realtà, quindi per me la descrizione è il solo metodo che ho per trasmettere un’idea. Questo so fare bene: fornire una osservazione e descrizione delle cose. Eppure tra la realtà macro e la micro di ogni giorno si insinua il virtuale. Si tratta di una fusione naturale ormai: interrompo tutto e mi collego a Facebook, sono una persona in carne e ossa ma che compra nello store digitale di E-Bay. La realtà a cipolla non ha un centro, una linea; quindi posso inserire tigri capaci di abbattere palazzi a New York”.

Questa fusione deriva da uno schema di costruzione del romanzo definito o anche solo sottinteso? Lethem risponde di no: “Il mio piano di lavoro è l’improvvisazione. Resta fondamentale il partire dalla fine, però; così le nozioni vengono a me senza bisogno di annotazioni, tutto appare nel progredire. La vita, le emozioni, l’anatomia della città: tutto si determina attraverso il motore dell’azione”. Chiudono l’incontro le curiosità di due lettori. Un ragazzo rivolge una domanda sull’uso della marjuana: “Si tratta di qualcosa sia reale che metaforico, perché nella mia mente tante persone sono inclini – spiega Lethem – Ma nel libro la marjuana ha un altro significato; è una sorta di indagine su una terra culturale da sondare. È anche l’esempio che qualsiasi cosa facciamo (uso di droga, Facebook, E-Bay, filosofeggiare o ascoltare la musica dei Rolling Stones) significa entrare e uscire simultaneamentre dalla realtà, come chi è sotto l’effetto degli ‘spinelli’ vede per 45 minuti tutto e poi cade nella confusione”.

L’ultima domanda viene da Giuliana Galvagno, una ragazza che in una libreria di Brooklyn, a New York, ha assistito all’ultima lettura pubblica del nuovo romanzo di Lethem. I personaggi confusi ritrovano la memoria attraverso la cultura pop, ma in che modo? Precisa Lethem: “Non amo il termine pop culture, direi più cultura popolare o commerciale. Il problema è che nella nostra cultura tutto dopo un po’ viene messo da parte: un film proiettato tante volte poi lo si dimentica. Eppure, qualcosa resta parte di noi, siamo noi. E per questo quel qualcosa va indagato”.

Sala Azzurra, ore 12, sabato 15 maggio 2010

Giovanna Boglietti


2 commenti:

  1. mai letto "brucia la città" di giuseppe culicchia?
    In teoria parla di un DJ e della sua vita qui a Torino...ma le sue vicende si intrecciano nella "nuova" realtà torinese,fatta di notti bianche,assessori compiacenti,palazzinari,droga,quadrilatero e non....
    potrei dire che per taluni aspetti questo Chronic city ci assomigli.
    realtà a cipolla...chiamiamola anche realtà archeologica...scavi e trovi sempre qualcosa di nuovo,di antico...che riaffiora...sempre!

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  2. l'iperrealismo di Lethem mi ha incurisita... ho comprato il libro al Salone, appena l'avrò finito ti dico come l'ho trovato. e te lo consiglio, già a occhi chiusi!

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