martedì 5 gennaio 2010

Fotografa per denuncia.


La sua macchina fotografica è un'arma letale per un regime oscuro e chiuso al mondo che nulla vuol far sapere delle miserie del suo popolo. Umida Akhmedova, 54 anni, nata e cresciuta nell'ex repubblica socialista sovietica dell'Uzbekistan, è braccata come una terrorista, ricercata dalla polizia del suo paese. Rischia sei mesi di carcere oppure, molto peggio, fino a due anni di un non meglio definito "lavoro rieducativo". E' accusata di aver offeso l'immagine del popolo uzbeko avendo pubblicato all'estero un reportage fotografico tra i poverissimi contadini della valle di Fergana, tra i vecchi malcurati di Samarcanda, tra le altre strazianti miserie di un paese dimenticato che un tempo fu la culla della civiltà persiana e che adesso sembra cristallizzato in un medioevo senza futuro.

La disavventura di Umida Akhmedova è cominciata un paio di mesi fa: convocazioni della polizia, interrogatori sempre più assurdi ed estenuanti, poi l'incriminazione e ieri la sua prudente decisione di allontanarsi da casa e far perdere le sue tracce. Ma l'Uzbekistan è un paese lontano da tutto, la vicenda della fotografa perseguitata non fa clamore sui media occidentali. Se ne accenna in qualche blog russo, qualche associazione per la difesa dei diritti umani organizza improbabili petizioni al governo uzbeko ma della sorte di Umida si sa poco.

Il libro incriminato è uscito un anno fa insieme a una collezione di filmati e documentari curati dall'ambasciata svizzera in Uzbekistan. Si chiama "Donne e uomini dall'alba al tramonto" e segue lo schema classico di un'opera etnografica cercando di documentare usi, costumi e, inevitabilmente, condizioni economiche e culturali di un popolo. Ci sono immagini di nozze di campagna, di funerali di paese, di giovanissime prostitute per le strade dell'unica città, la capitale Taskhent. Immagini inoffensive, perfino poetiche che però hanno fatto scattare l'indignazione dell'Agenzia per la Stampa e l'Informazione Uzbeka, organismo ereditato dalla cultura sovietica e non troppo aperto verso la libera espressione. La denuncia dell'autorevole organismo ha fatto scattare le indagini e poi la persecuzione.


La Akhmedova, che da qualche anno ha acquisito una certa notorietà in Russia e anche una consacrazione internazionale dopo una mostra a Copenaghen nel 2006, ha fatto in tempo a raccontare per mail le fasi dei suoi primi interrogatori condotti dal capitano Nodir Akhnadzhanov, giudice istruttore del nucleo di polizia distrettuale di Taskent. "Mi ha detto che insultavo il mio popolo - ha raccontato - ed è rimasto molto perplesso davanti al termine etnografia. Probabilmente non sa nemmeno che cos'è. Gli ho detto che mi limito a fotografare le usanze, i costumi popolari, che non c'è una sola foto preparata prima. Ma continuava a dire che io calunniavo la mia gente". In più la polizia uzbeka ha aggiunto sul conto della signora vecchi arretrati da pagare. A cominciare dalla sua partecipazione a due documentari, anche questi finiti in Occidente e non graditi dal regime: "Uomini e donne nei costumi e nei riti" e "L'onere della verginità".

Il governo uzbeko non ama che fuori dai suoi confini si sappia come vive la gente. Il suo presidente Islom Karimov, vecchio esponente dell'era sovietica che accettò di malavoglia la dissoluzione dell'Urss, si è trasformato per sua stessa ammissione in una sorta di satrapo orientale. Perfetto per una terra che le satrapie le inventò oltre duemila anni fa. Eccentrico e accentratore, usa ancora i metodi sovietici come la collettivizzazione delle terre, per gestire un regime in chiave sempre più personalistica. Famoso il suo serraglio personale e gli arredamenti a forma di pezzi della scacchiera scolpiti in marmo pregiato in onore alla sua passione. Governa in assoluto isolamento dopo aver strappato la neutralità e perfino la amicizia di Russia e Stati Uniti usando il pugno di ferro contro ogni forma di estremismo islamico e concedendo all'uno e all'altro basi militari e strutture di supporto logistico.

Il mondo esterno che poco sa del suo paese, ignora le rare voci di dissenso che raccontano di un sistema sanitario inesistente e di un'istruzione pubblica inadeguata e antiquata. E di quello che accade nello stato più popoloso dell'Asia centrale, 25 milioni di abitanti, viene solo a sapere da qualche coraggioso reporter come la Akhmedova, adesso ricercata come una latitante dalle stesse truppe speciali impegnate nella caccia ai terroristi.


(La Repubblica.it)



Attualmente oltre 700 persone di diversi Paesi hanno firmato la petizione online “Protest and Anger” (Protesta e Rabbia) promossa dalla Coalizione Internazionale di Giornalisti “Caucasia”.

2 commenti:

  1. ricordo anche che vi era una donna molto potente in uzbekistan capace di spendere e spandere per le migliori gioiellerie dell'orbe terracqueo,di far condannare a morte i suoi nemici e fregarsene altamente del popolo...il nome non mi sovviene.

    p.s. una situazione simile la sta vivendo anche il vicino Turkmenistan.

    p.p.s. mi viene da pensare (male ovviamente) quando penso che la squadra di calcio più importante del paese sia allenata da un famoso allenatore brasiliano (scolari), con un forte attaccante brasiliano (rivaldo) e guadagnano svariati milioni all'anno (ma tali da sfamare l'INTERA popolazione uzbeka).

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  2. Ti fa eco uno dei motti pubblicati sul blog Spinoza: non vediamo l'ora di aiutare Haiti, per tornare a sfruttarla...

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