giovedì 7 gennaio 2010

Le vergini giurate d'Albania


“Kanun” e “burnesh” sono due modi per dire donna, in albanese. O, meglio, sono parole che tratteggiano una condizione tutta femminile, in un Paese che preme per entrare nell’Unione Europea ma che ancora si aggrappa a tradizioni incompatibili, tradizioni per le quali la donna continua a non avere dignità di esistere.

In un reportage girato a Tirana dalla giornalista Stella Pende emergono le due identità rosa di un Paese “bifronte”. Da un lato storie come quella di Gerzim, moglie e madre di maschi che non conoscono la luce del Sole. Murati vivi, perché, se uscissero, verrebbero subito uccisi. È la vendetta di un clan rivale: il marito di Gerzim ha ucciso un uomo di quel clan, trafficante di ragazze, che voleva sposare sua sorella solo per rivenderla.


“Siamo andati dalla polizia, abbiamo supplicato quell’uomo di lasciarla. Invano” dice Gerzim alla giornalista “Finché una notte ha cercato di rapirla. Così mio marito è diventato un assassino”. Il marito di Gerzim ha scontato la pena, ma secondo il “kanun” la libertà vale il suo sangue: chi uccide sarà ucciso per vendetta dalla famiglia “offesa”. La stessa sorte tocca ai suoi discendenti maschi; così solo Gerzim può lavorare per la famiglia, portare a casa i viveri: lei è donna, la sua vita vale troppo poco per ripagare di un omicidio.


Tuttavia, è su di lei che pesa quel codice d’onore; come pesano su tante altre femmine quelle prerogative ereditate dai maschi nelle relazioni di coppia. Suona impossibile; ebbene, se la polizia non indaga davvero sulle violenze domestiche e se i giudici si fanno corrompere, sono donne come loro che diventano, per loro, avvocati e inquirenti. Sono le rappresentanti dell’Associazione della donne, guidata dalle critiche letterarie Savim Arbanà e Fabiola Ergo.


Stella Pende raccoglie la testimonianza di Savim Arbanà, “scrittrice dai capelli rossi come la mantella di un cardinale”: “Ormai siamo un network di donne invincibili: associazioni, club e volontarie. Dopo 50 anni di orrore sotto il comunismo, abbiamo scelto di essere liberi. La libertà ha in questo paese ha un prezzo alto: la violenza, l’analfabetismo, la fame. L’Albania di oggi non è ancora quella che sogniamo per domani, ma permetteteci di conquistarci i nostri sogni”.


Ci sono donne che, per vivere libere in Albania, hanno rinunciato al loro genere e si sono fatte uomo. Diventare l’uomo significa diventare “burnesh”, cioè vergini giurate. Scrive Pende: “Lo vuole la tradizione incantata delle montagne fra il Kosovo e l’Albania che chiede a certe donne castità infinita per conquistarsi l’onore di essere maschio. Di vestirsi, di armarsi, di combattere, ma anche di fumare e di bere alcol, lussi proibiti alle donne”.


C’è però l’altra faccia dell’Albania, quella che sta conquistando a morsi il sogno di cui parla Savim Arbanà. Parla la giornalista e conduttrice della trasmissione Shqip, Rudina Xhunga: “L’Italia è il nostro specchio, il desiderio e il modello. Le donne sono l’Albania. Ma le nostre donne politiche fanno ancora i ventriloqui dei maschi di potere. Quando parleranno come farebbero con i loro figli o con gli amanti, l’Albania avrà vinto la sua scommessa”.


Sulle donne scommette il sindaco di Tirana, il pittore Edi Rama che a Stella Pende aggiunge: “Le donne sono esseri del fare e non del dire. Quando una delle nostre diventerà primo ministro, ce l’avremo fatta”.


Giovanna Boglietti





3 commenti:

  1. sono di origine leccese (i genitori precisamente)...e pensare che a 50 km da un luogo a me familiare (oltrepassando il canale d'Otranto) succeda questo...
    Certi medioevalismi mi portano a essere ben poco tollerante rispetto al mio solito,e a esprimere opinioni "violente".

    saluti

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  2. Colpisce il carattere forte delle donne. Se il mondo fosse retto dalla metà rosa, quanto dolore ci risparmieremmo, non credi?

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