lunedì 7 giugno 2010

C'era una volta la convivenza


Se i soldi non fanno la felicità, è pur vero che possono sull’Amore. Specialmente sull’amore con la “a” maiuscola. Sono i soldi, infatti, a determinare sempre più l’evoluzione della storia di una coppia. Non parliamo di sentimenti, che restano “geneticamente immodificabili”, ma di matrimoni posticipati a data da definirsi, fidanzamenti lunghi quasi quanto matrimoni (sempre meno duraturi, a Torino il primato nazionale per i divorzi) e soprattutto di convivenze azzardate. Azzardate sì, perché anche la convivenza, considerata da sempre un passo verso il consolidamento di un rapporto, in tempo di crisi non ha vita facile, per non dire vita breve.

Quando sono giovani coppie a convivere, poi, la risposta che si sente è una sola: “Conviviamo perché abbiamo iniziato presto a lavorare”. Proprio il lavoro sembra essere il filo conduttore dei racconti diversi che alcuni ragazzi ci hanno fatto in tema di convivenza.


Francesca ha 25 anni, Santo 26. Convivono a Rivalta da un anno e mezzo e per un anno e mezzo sono stati fidanzati. Dicono che la loro è stata follia: “Vivere insieme per noi significava essere indipendenti e poter condividere qualsiasi momento della giornata – spiega Francesca – Devo ammettere che sulla convivenza avevamo due visioni diverse: io mi sarei sposata subito, perché sono molto credente; lui, invece, preferiva creare le giuste fondamenta sia a livello economico che di relazione, perché convivere significa conoscere a fondo una persona, cosa che non permette un fidanzamento. In pratica, ci sentiamo già marito e moglie, ma tra un anno ci sposeremo”.

Il loro matrimonio arriva dopo tanti sacrifici: “Ci possiamo permettere un bel matrimonio adesso, ma continuiamo a risparmiare. Io lavoro nell’azienda di costruzioni di famiglia, per farla crescere mi decurto lo stipendio e investo il resto. Porto a casa sui 1.000 euro al mese – racconta Santo – Lei faceva qualche lavoretto per mantenersi gli studi universitari in Comunicazione interculturale, ma ha deciso di interromperli per un po’ e trovare un impiego stabile. Ha cambiato quattro lavori, adesso fa quello che sognava, la maestra d’asilo, e sta finendo gli esami. All’inizio arrivare a fine mese era difficile: tra viveri, bollette, affitto e assicurazione o pieno per la macchina se ne andava via uno stipendio, più di 700 euro. L’appartamento era già arredato e i nostri genitori ci hanno regalato qualcosa come il divano o il microonde, ma non abbiamo mai voluto far pesare la nostra scelta su di loro”.


Francesca e Santo sembrano determinati, una coppia solida, e secondo loro questo è l’ingrediente essenziale per superare le difficoltà. C’è chi come Alessandra, 25 anni laureata in Economia, ha preferito finire gli studi ma non riesce a concretizzare la sua storia con Matteo, 26. Anche nel loro caso, Matteo lavora da tempo, nella gastronomia di famiglia: “Vorremmo almeno vivere insieme, dopo sette anni di fidanzamento. Lui preme per sposarsi e avere dei figli, ma rischiamo di non farcela. Io sono impaziente di trovare un lavoro serio, basta stage che si rivelano una perdita di tempo”. E pensare che Alessandra avrebbe un appartamento tutto per loro, di proprietà dei genitori: “Da ammobiliare, però. E come fare con le spese, se io porto a casa zero euro? No, dobbiamo partire con delle certezze”.


Non è detto che il lavoro sia una garanzia; alle volte divide. Lo sa bene Massimo, 25 anni, che ha visto andare in fumo la sua convivenza lunga tre anni con Carolina, 24, dopo 2 anni di fidanzamento: “Ci siamo conosciuti all’Accademia delle Belle Arti, ma abbiamo lasciato gli studi per lavorare. Vivevamo insieme; io facevo l’operaio, lei ha aperto una bottega di restauro. Quello che ci ha permesso di andare a convivere è il gruzzolo che avevamo risparmiato grazie a lavoretti saltuari, ma i ritmi di lavoro sono stati fatali. Lei poi alla sera ha iniziato a lavorare in un pub, è stata la fine. Abbiamo perso la routine quotidiana, che non è noiosa quando serve a creare condivisione”. Massimo e Carolina hanno pianificato la separazione e il trasloco di lei: “Paradossale, dormivo con una persona che avrei lasciato. Gli amici ci hanno aiutato con il trasloco, alla fine non c’erano più il comodino, il tavolo, una poltrona, quello che le apparteneva: in pratica mancava metà della casa, la mia metà. In questo la fine della convivenza è traumatica quanto il divorzio”. Ma qui i soldi c’entrano poco, qui davvero sono i sentimenti a fare la felicità.


Giovanna Boglietti

4 commenti:

  1. verrebbe da dire: 2 cuori e una caparra...
    tristezza quando sei in situazioni come queste!!!!!

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  2. Anche la convivenza è troppo impegnativa. I legami sono sempre più labili. E chi dice che i soldi non fanno la felicità...

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  3. spaventa anche che i legami siano labili,a prescindere dal denaro...se poi quest'ultimo diventa l'ago della bilancia...

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  4. Sta a noi coltivare i legami. Il denaro non fa altro che alimentare la pigrizia collettiva, che impedisce ai sentimenti di maturare. Fossimo diversi, anche i soldi e i sentimenti occuperebbero posti in classifica altrettanto diversi.

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