martedì 7 luglio 2009

Rebiya Kadeer, la guerriera gentile


Rebiya Kadeer non ci sta. La presidente del Congresso mondiale degli uiguri, dall'esilio americano in cui vive dal 2005, e imprenditrice più volte votata al premio Nobel respinge ogni accusa avanzata dal governo cinese: non c'è mai stata nessuna organizzazione dietro la protesta pacifica degli uiguri scesi in piazza per chiedere indagini su presunti pestaggi razziali. Alla vigilia del vertice del G8 a L'Aquila, la Cina sente su di sè lo sguardo perplesso e critico dell'opinione internazionale. A pesare, il massacro di quei centocinquantasei uiguri della minoranza musulmana dello Xinjiang, il Turkestan orientale che rivendica la sua indipendenza.

Rebiya Kadeer non rinuncia a tal proposito a far sentire la sua voce, ribadendo ciò che ha scritto di recente nella fresca autobiografia, intitolata "La guerriera gentile".


Rebiya Kadeer, la più nota dissidente della Cina, si racconta in questo libro che è una fotografia lucida e impietosa di un regime spietato. Ha assistito al fallimento disastroso del grande balzo in avanti, ha subito la rivoluzione culturale, con la famiglia di etnia uiguri e religione musulmana è stata cacciata più volte dalla propria terra e più volte ha dovuto ricominciare tutto daccapo. Da semplice lavandaia è diventata imprenditrice e miliardaria: è stata a lungo il simbolo della donna emancipata nella Cina convertita al neocapitalismo e ha partecipato alla Quarta conferenza mondiale sulle donne dell'ONU di Pechino nel 1995. Ma da quando si è rifiutata di dissociarsi dalle parole del marito, dissidente ed esule negli Stati Uniti, Rebiya Kadeer è stata sottoposta a una feroce persecuzione e i suoi undici figli hanno subito ritorsioni e rappresaglie. Imprigionata, ha trascorso in carcere cinque anni, fino al 2005, quando è stata rilasciata in seguito a un accordo con gli Stati Uniti, dove attualmente risiede insieme al marito e a sei figli, e da dove continua a tenere alta l'attenzione sulle violazioni dei diritti umani da parte della Cina. Candidata tre volte al premio Nobel, nel 2004 ha ricevuto il premio Rafto per i diritti umani.







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