martedì 5 ottobre 2010

Izzat: donne e onore

Bouchra è morta per non indossare il velo, Darin Omar perché lavorava in uno «scandaloso» call-center, Amal voleva andare dal parrucchiere e l’ha pagato con la vita. Dietro al nome tristemente noto ai media della pakistana Hina Salem, decapitata dal padre perché disonorata dal fidanzato italiano, c’è una lunga lista di giovani donne sconosciute che assaggiano sulla propria pelle lo scollamento tra la cultura d’origine e quella d’adozione.
«Le famiglie immigrate sperimentano in Italia un’identità dislocata, in patria godono del prestigio di chi lavora all’estero mentre qui non contano quasi niente», osserva Maurizio Ambrosini, docente di sociologia dell’immigrazione all’università di Milano. Capita che la rispettabilità sociale valga bene una figlia: «Le buone alleanze matrimoniali rafforzano il prestigio familiare ed è ovvio che questo cozzi con la realtà delle seconde generazioni cresciute lontanissime dagli antichi usi. Qualche volta, per fortuna assai meno di quanto si pensi, un normale conflitto tra padri e figli sfocia in episodi come quello di Novi».
I dati sul nostro paese parlano di duemila spose bambine l’anno ma l’iceberg sta emergendo, conferma il demografo Alessandro Rasina: «Vedremo un aumento esponenziale della tensione, seppur non matematicamente destinata a esiti tragici. Come se non bastassero le seconde generazioni che hanno oggi 16, 17 anni, gli immigrati fanno molti figli e in breve tempo i giovani saranno assai più del 20% attuale della popolazione straniera».
Il matrimonio è inevitabilmente la linea del fronte, rito di passaggio per il mondo adulto da cui dipende l’identità etnica assai più di quella individuale. Soprattutto per alcune culture.
«In Pakistan tutta la società gira intorno all’izzat, che in urdu vuol dire onore, e la donna ne è lo scrigno», spiega il giornalista e mediatore culturale pakistano Ahmed Ejaz. Tradotto nella vita quotidiana singifica unioni forzate e padri-padroni. Ma non è una prerogativa delle comunità musulmane: «Il problema riguarda tutto il subcontinente indiano, Pakistan, India, Bangladesh. Vale a dire oltre 300 mila persone che quando aprono la porta di casa entrano in Asia e quando se la chiudono alle spalle sono qui in Italia».
Ci sono le vittime e i salvati. Ma quanti sono i sommersi? Secondo il ventisettenne marocchino Khalid Chaouki, responsabile della seconda generazione dei giovani del Pd e direttore del sito Minareti.it, sono parecchi: «Tra noi si discute molto di matrimoni forzati, Facebook aiuta e garantisce la privacy. L’Italia si prepari a sentirne parlare sempre più spesso ma non necessariamente quando è troppo tardi: le giovani donne immigrate sono battagliere».

Nessun commento:

Posta un commento