giovedì 5 agosto 2010

Keiko Fujimori, una giapponese per il Perù.
La figlia del dittatore verso la presidenza

Keiko, in giapponese, ha tra i kanji e possibili significati quello di “figlia fortunata”. Ben si addice a Keiko Fujimori, la figlia dell’ex dittatore Alberto che nei sondaggi elettorali di questi giorni risulta in testa per la corsa alla presidenza del Perù.

Mancano meno di nove mesi alle elezioni presidenziali, che farebbero ben sperare la Fujimori, 35 anni, una laurea alla Columbia University – almeno secondo le agenzie di statistica peruviane. La figlia del dittatore non è nuova al successo: era già stata eletta nel 2006 al Congresso della Repubblica, l’unica camera in cui si articola il potere legislativo in Perù, con il più alto numero di voti.

Il suo cognome rimanda però al decennio più cupo della storia del Paese. Vent’anni fa (era il 28 luglio 1990) il padre Alberto Fujimori, agronomo, fisico e matematico di origini giapponesi, è stato eletto presidente del Perù. Da lì a poco la presidenza di Fujimori ha virato bruscamente verso un governo autoritario, fino a diventare una vera e propria dittatura: commissariamento di omicidi, uso della tortura, sospensione delle attività della magistratura e la revisione della Costituzione con lo scopo di permettere una sua terza candidatura.

Scrive Simone Olivelli in articolo apparso su newnotizie.it: “L’era Fujimori si concluse nel 2000, quando il suo governo fu travolto dalla corruzione e l’opinione pubblica si infiammò, costringendo il presidente all’esilio in Giappone per paura di essere processato. Nel 2005 fu arrestato in Cile per poi essere estradato in Perù dove è stato condannato a 25 anni con l’accusa d’aver ordinato l’omicidio di 30 persone, utilizzato il sequestro di persona e aver violato più volte i diritti umani. Oggi, a distanza di dieci anni dalla fuga dell’ex presidente in Giappone, in Perù si parla di Fujimori non solo per commentare il passato, ma anche per guardare al futuro”.

Adesso potrebbe essere il turno di Keiko, che già nel 1994 è stata insignita dal dittatore del titolo di first lady. Gli occhi saranno puntati sulle sue possibili mosse; basta pensare che la Tribunalatina.com già qualche mese fa riportava come, all’interno del suo programma elettorale, spicchi il proposito di concedere un indulto al padre.

Perù e Giappone saranno forse ancora una volta legati. Fuori dai palazzi del potere, in fondo, lo sono già, complice l’immigrazione nipponica che s’è aggiunta al melting pot di culture presenti in Perù, per dedicarsi all’agricoltura (leggi qui). E Keiko Fujimori è una delle donne di origine giapponese che in Perù fanno la differenza. La famiglia Fujimori ha lasciato il segno anche in questo senso, come riporta ExpactClick.com (L’espatrio al femminile) riportando il racconto di Doris Moromisato, scrittrice e studiosa di spicco in Perù:

“Nel 1992 la crisi matrimoniale dell'allora presidente della repubblica del Perù Alberto Fujimori e sua moglie Susana Higuchi, portò alla luce per la prima volta la rigida gerarchia patriarcale delle famiglie nipponiche e la situazione che vivono le loro donne. Di fronte al violento intervento della giapponese Susana Higuchi, che denunciava maltrattamenti fisici e psicologici da parte di suo marito, e reclamava i suoi diritti come qualsiasi cittadina peruviana, tutti i mezzi di comunicazione si chiesero: dov'è il modello di donna giapponese, sottomessa e obbediente, che tutti hanno in mente?”.

Fin dall'inizio della presenza giapponese in Perù, le sue donne hanno avuto due compiti fondamentali: organizzare la sfera domestica e conservare costumi e valori per garantire che la cultura giapponese non si diluisse nella società peruviana. Una quantità significativa di donne giapponesi in Perù si è registrata nel 1903, con l'arrivo del secondo contingente di lavoratori giapponesi, nel quale c'erano 109 donne.

“Anche se in un primo momento le donne erano arrivate in qualità di accompagnatrici, subito dopo dovettero ricoprire doppi e tripli incarichi come mogli, madri e lavoratrici, assumendo al contempo la condizione comune a tutti gli immigranti. In quel momento mostravano lo stereotipo femminile radicato in loro attraverso secoli di cultura originale giapponese: obbedienza, discrezione, sottomissione. A partire dalle sansei o discendenti di terza generazione, l'idea di autonomia diventa basilare, e la professionalità e l'indipendenza economica sono i punti fondamentali delle loro vite; il loro progetto di vita punta all'inserimento negli spazi non giapponesi”.

L’elezione di Keiko Fujimori, al di là delle sue origini, avrebbe allora un’altra valenza, proprio perché – secondo quanto studiato da Doris Moromisato:

“Rivedendo gli atti di dodici Assemblee Annuali dei Rappresentanti dell'Associazione Peruviano-Giapponese, compresi tra il 1986 e il 1984, sono giunta alla conclusione che alle donne non è mai stato permesso pianificare, e ancora meno decidere, nessun aspetto della vita comunitaria. Tutte le donne sansei oggi rifiutano di partecipare ad istituzioni di carattere femminile, perchè le considerano domestiche e in generale segregazioniste, oltre che contrarie alla loro ricerca di professionalità e inserimento nella società peruviana. D'altro canto, le giovani generazioni mostrano la tendenza all'esogenesi o uscita dalla comunità etnica. Esiste oggi un considerevole numero di matrimoni misti o con persone non giapponesi. Se consideriamo che le donne sono state - e sono - le guardiane di una cultura che si è forgiata in cento anni di presenza giapponese in Perù, capiamo che con la loro indifferenza la comunità nipponica corre il rischio di scomparire”.


Giovanna Boglietti

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