giovedì 26 agosto 2010

Messico: in centinaia arrestate per un aborto. Molte sono vittime di stupri

“Alle donne che vengono picchiate dai mariti, si consiglia di rassegnarsi, ridere e raccogliersi in preghiera”. Lo prescrive la regola della Tripla R.
“Le donne nel momento in cui sono violentate secernono un liquido spermicida, che le protegge dalla gravidanza”.
“Per amore o per violenza l'aborto è un delitto”: gli aborti spontanei per denutrizione o per qualsiasi altro tipo di limitazione fisica, vengono puniti con pene fino a 35 anni di carcere. E quelli che vengono realizzati in forma volontaria, anche.

La denuncia sul blog di Jaime Avilés (leggi il post). Corre infatti sul filo di queste prese di posizione, che hanno dell’incredibile, la campagna di sensibilizzazione lanciata da Desfiladero per l'immediata liberazione di alcune contadine messicane condannate all’ergastolo per aver abortito, una di queste dopo aver subito uno stupro. La campagna dovrebbe avere come asse centrale il Centro Las Libres, le cui operatrici lottano nello Stato di Guanajuato per i diritti delle donne. Basti pensare che in questo momento, proprio a Guanajuato, altre 166 donne sono state consegnate dai loro “medici” alla polizia. Di queste, 43 si trovano a disposizione del giudice per essere sottoposte a un processo penale.

Una notizia, quella dell’arresto delle contadine, che si somma a tante altre, lungo gli anni. Si leggeva pochi giorni fa sulla rivista Latinoamerica e tutti i Sud del mondo:

In Messico per il 90% degli omicidi non si apre neanche un’inchiesta […] Secondo uno studio della Commissione per i diritti umani dello Stato di Guanajuato, le 166 donne attualmente in carcere solo in quello stato (è difficile non notare che siano ben di più dei cosiddetti prigionieri politici cubani) sono praticamente tutte contadine analfabete, spesso già madri di vari figli e in molti casi vittime di stupri.

È il combinato disposto, perverso, di due leggi che sono oramai applicate in 18 stati della federazione messicana che si sono mossi in senso opposto alla capitale federale, Città del Messico, dove dal 2007 l’aborto è legale nelle prime 12 settimane di gravidanza. Da una parte il feto è divenuto una persona a tutti gli effetti fin dal momento del concepimento. Dall’altro le leggi sulla violenza familiare, in genere completamente disattese contro gli uomini violenti, diventano un macigno nel caso dell’aborto. Così l’aborto è passato in molti stati dall’essere condannato con pene tra i sei mesi e i tre anni di carcere all’essere considerato come ‘omicidio volontario aggravato dalla relazione di parentela’ e comportare quindi pene che arrivano a corrispondere al nostro ergastolo.

Nel paese dei Legionari di Cristo, dove consideravano un santo il fondatore degli stessi il pedofilo e stupratore seriale Marcial Maciel, “dopo la sconfitta di Città del Messico –sostiene María Consuelo Meijía Direttrice dell’organizzazione ‘Donne cattoliche per il diritto di scegliere’- l’ultra-destra conservatrice e le gerarchie cattoliche hanno ottenuto la loro vendetta negli stati più arretrati”.

I dati: 800mila gli aborti clandestini ogni anno contro i circa 40.000 aborti legali che avvengono in strutture pubbliche a Città del Messico. La battaglia politica, anche a livello di riforme costituzionali, è in corso.

Una sfida anche per le donne impegnate in politica. Scriveva già un anno fa la giornalista messicana Sara Rovera (leggi):

“Alla fine della LX legislatura messicana, Elsa Conde, del partito socialdemocratico, membra del gruppo che in questa legislatura ha riunito le femministe ha rivelato che le deputate progressiste hanno dovuto affrontare da vere e proprie resistenti molte azioni, alcune delle quali fallite, portate avanti contro il progresso delle donne […] A cominciare dalle bordate contro la contraccezione di emergenza (pillola del giorno dopo), a seguire con un errore nella riforma elettorale che, invece di aumentare i seggi per le donne li ha diminuiti; il priismo si è affiancato al panismo, per cercare di modificare la Costituzione in 14 entità del Messico con lo scopo di attribuire al neonato personalità giuridica ed eliminare quelle eccezioni che consentono l’aborto legale […] ed è stato riconosciuto che ci sono stati molGrassettoti passi indietro e che addirittura incombe la minaccia che la proibizione assoluta dell’aborto venga portata davanti al Congreso Nacional e che venga ristretto l’uso di anticoncezionali”.

I 31 Stati federali che compongono il Messico non si smentiscono, come riporta Peace Reporter in un articolo di maggio. Una condizione, quella messicana del tutto simile a quella di altri Paesi limitrofi.

Lo denuncia Amnesty International parlando di Nicaragua, in cui una legge vieta totalmente l’aborto. Tanto che sarebbero negate le cure mediche a donne e ragazze vittime di stupro e incesto, e obbligate a partorire.

I dati raccolti da Semlac in una inchiesta (leggi l’approfondimento) tristemente confermano:
“Tre milioni di donne, quasi la popolazione totale dell’Uruguay, ricorrono ogni anno all’aborto in 12 paesi dell’America Latina e Caraibi. Altri tre milioni vi ricorrono in Brasile. La stragrande maggioranza lo fa clandestinamente poiché le leggi delle nazioni in cui vivono, criminalizzano questa pratica”.


Giovanna Boglietti

3 commenti:

  1. dopo i problemi con i cartelli della droga,anche questa situazione non mette in buona luce il Messico...spero che la situazione cambi...e parecchio...

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  2. Questo è uno dei casi che dimostrano quanto gli estremismi (religiosi e politici) siano pericolosi. Ma soprattutto che il femminismo che viene snobbato, quello non da copertina, deve organizzarsi strutturalmente come garanzia di diritti, e doveri correlati.

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  3. un proverbio dice: gutta cavat lapidem non vi, sed saepe cadendo...ovvero la goccia che scava la roccia non con la forza,ma cadendo continuamente...per dire che la battaglia deve essere lunga,costante,sicuramente non veloce!!!!

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