lunedì 27 dicembre 2010

Iraq: uccide la figlia. Lei voleva fare la "kamikaze"

Eroe o assassino? La polizia irachena sta investigando i motivi che hanno spinto il piccolo commerciante di polli e pecore Najim al-Anbaky a strozzare e poi sgozzare sua figlia, la 19enne Shahlaa, circa tre settimane fa nella loro casa alla periferia del villaggio di Mandali. «Il caso è aperto. Se fosse confermata la versione del padre, secondo il quale avrebbe fermato la ragazza che era stata reclutata da al Qaeda per compiere un attentato suicida contro i pellegrini sciiti in arrivo dall'Iran, questi sarebbe immediatamente scarcerato e con il massimo del rispetto. Ma non è escluso si tratti dell'ennesimo delitto d'onore, da perseguitare con severità», sostengono gli agenti intervistati dai media locali.

LE DONNE IN IRAQ - Quella che emerge dal dramma di Shahlaa è in ogni caso un'altra prova delle complicate condizioni di vita per le donne nel profondo Iraq rurale. Mandali è un villaggetto della regione di Diala, un centinaio di chilometri a nord est da Bagdad, poco lontano dal confine con l'Iran. Luogo di scontro frontale tra sciiti e sunniti, dove i kamikaze di al Qaeda hanno causato migliaia di vittime tra le masse di pellegrini iraniani che annualmente transitano in bus da queste parti per raggiungere le città sante di Najaf e Karbala. Negli ultimi giorni la tensione è alle stelle. Sta infatti terminando il mese santo di Moharram, quando i pellegrinaggi sono più frequenti. Al Qaeda sta rialzando la testa.

I PRECEDENTI - Già nel passato ha utilizzato donne per gli attacchi sucidi. È più difficile controllarle ai posti di blocco. Mancano poliziotte. E loro possono nascondere le bombe sotto la «baja», il vestito lungo. Si calcola che dalla guerra del 2003 al Qaeda abbia reclutato oltre 180 donne «martiri» a Diala. Ci sono vedove, ragazzine inesperte, orfane, persino minorate. «Sapevamo che Shahlaa al-Anbaky era in contatto con al Qaeda. Per questo ci eravamo recati a perquisire la casa del padre», ammette il portavoce della polizia locale, maggiore Ghalib al-Karkhi. Come irrompono nell'abitazione però l'uomo li anticipa veloce. «Ho ucciso mia figlia. Stava per farsi saltare in aria. Il suo corpo è nascosto presso il nostro giardino». Se così fosse, avrebbe ben poco da temere dalla legge. Altre fonti nella polizia sottolineano però che già nel 1984 Najim aveva pugnalato a morte una sorella per difendere il buon nome della famiglia. Uno delle centinaia di delitti d'onore che insanguinano annualmente il mondo musulmano. La figlia potrebbe avere avuto una relazione senza essere sposata, forse con un militante di al Qaeda. Sin dalla crescita degli attentati nel 2005 è emerso che uno dei trucchi utilizzati dagli estremisti islamici è avere rapporti sessuali completi con le fidanzate, che così si mettono automaticamente in rotta con le famiglie e nelle mani dei loro reclutatori.

(Lorenzo Cremonesi, Corriere.it)

2 commenti:

  1. non è mai una cosa sensata il "giustificare" l'omicidio...rimane sempre lo sconforto che una figlia andava "salvata" prima...sempre nel caso in cui si dimostrasse che questa donna volesse essere una martire. Che poi mi chiedo il perchè l'essere martire sia ancora in voga nonostante la storia ci dovrebbe insegnare che spesso risulti, al di là dell'eroicità e di tutti i valori ideologici che ne conseguono, del tutto inutile...vista la ciclizzazione degli eventi...non ne usciamo proprio....

    Scusa Giovanna, oggi sono in modalità critica...estrema.

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  2. Caro L., bè la tua critica è legittima. Ho riportato questa storia perché da qualsiasi angolo la si guardi, un parere è difficile. Chi aveva torto? Dove sta la ragione? La sola risposta credo sia: la vita è un dono che non ci è dato togliere. Ma allora, quella ragazza, aveva diritto di toglierla agli altri?

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