A tratti orgogliosa ma apertamente imbronciata, l’Europa si appresta a rinnovare il suo Parlamento. A pochi giorni dalle elezioni degli eurodeputati, la coscienza comunitaria dei suoi cittadini sembra scalfita del tutto; eppure resiste.
Franco Chittolina racconta il perché, a partire dalla sua esperienza di pedagogista prestato al Consiglio dei Ministri Ue e alla Commissione Europea, oggi responsabile del Centro Studi Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, e dai suoi studi sulla storia e sulle politiche europee, che ha recentemente pubblicato nel volume “Europa tartaruga”.
L’Europa come una tartaruga. Cosa significa?
“Significa che la Comunità Europea è un animale all’apparenza robusto, ma vulnerabile da sotto. Lento, sempre impegnato in un percorso poco lineare, ma longevo. La tartaruga è il simbolo del timore e dell’incertezza in cui arranca l’Europa e della necessità di andare incontro ai suoi stessi problemi”
Politici ed esperti si sono detti preoccupati dall’astensionismo registrato alle elezioni europee appena concluse. Si tratta di “euro-lamentarismo” o di una vera mancanza di cultura politica europea, all’interno dell’Unione?
“Si deve considerare, prima di tutto, che c’è una scarsa attenzione alla politica in generale. Al limite, ci si interessa alle questioni locali, perché esse sono rappresentate da persone. L’Europa paga la sua complessità, i suoi limiti, le poche cose che può determinare e i pochi poteri dei quali dispone per farlo. Il disinteresse verso l’Europa deriva dai politici locali, poco convincenti, così come da tutti noi”.
In questa situazione, che ruolo mantiene il Parlamento europeo?
Franco Chittolina racconta il perché, a partire dalla sua esperienza di pedagogista prestato al Consiglio dei Ministri Ue e alla Commissione Europea, oggi responsabile del Centro Studi Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, e dai suoi studi sulla storia e sulle politiche europee, che ha recentemente pubblicato nel volume “Europa tartaruga”.
L’Europa come una tartaruga. Cosa significa?
“Significa che la Comunità Europea è un animale all’apparenza robusto, ma vulnerabile da sotto. Lento, sempre impegnato in un percorso poco lineare, ma longevo. La tartaruga è il simbolo del timore e dell’incertezza in cui arranca l’Europa e della necessità di andare incontro ai suoi stessi problemi”
Politici ed esperti si sono detti preoccupati dall’astensionismo registrato alle elezioni europee appena concluse. Si tratta di “euro-lamentarismo” o di una vera mancanza di cultura politica europea, all’interno dell’Unione?
“Si deve considerare, prima di tutto, che c’è una scarsa attenzione alla politica in generale. Al limite, ci si interessa alle questioni locali, perché esse sono rappresentate da persone. L’Europa paga la sua complessità, i suoi limiti, le poche cose che può determinare e i pochi poteri dei quali dispone per farlo. Il disinteresse verso l’Europa deriva dai politici locali, poco convincenti, così come da tutti noi”.
In questa situazione, che ruolo mantiene il Parlamento europeo?
“Direi che si è già superato il luogo comune del Parlamento europeo come assemblea dei pareri. Il problema sta nel suffragio per la scelta dei candidati, negli enormi collegi che includono più rappresentanti, nella debolezza delle persone se non si dedicano completamente ai loro doveri una volta eletti anche se non sparerei sul mucchio. Ho letto una ricerca sulle modalità con le quali gli stati selezionano i loro eurocandidati: al Nord Europa si scelgono i giovani per “far loro imparare il mestiere”; da noi avviene il contrario. Si mandano all’Europarlamento persone che il mestiere lo conoscono già. Curioso”.
Questa nuova direzione, tutta di destra, dell’Europa cosa rappresenta?
“Direi che l’Europa di destra non rappresenta un problema. Si deve vedere la configurazione futura del parlamento e la ricomposizione dei gruppi prima di giudicare. Quel che dà da pensare è la presenza di partiti euroscettici e xenofobi. Questa direzione può essere figlia della crisi che stiamo vivendo, ma direi che viene dalla mancanza di un progetto. Quest’Europa non scalda gli animi e se alcuni partiti iniziano a parlare di identità e di radici, allora si deve temere il riaffiorare dell’intolleranza. Personalmente mantengo una visione fideistica dell’Europa. Negli ultimi sessant’anni si sono fatte anche cose buone, serviva una rottura e la crisi è arrivata. Sarà una possibilità da non sprecare”.
Giovanna Boglietti
bell'articolo!
RispondiEliminaBrava Gio! Ce l'ho fatta a commentarti... continua così!
RispondiEliminaGrazie a voi, pronta per le critiche, lo sapete!
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