Il premio Nobel a Genova per la Settimana dei Diritti parla del suo Paese, ma attacca tutto il mondo sulla condizione femminile. Le donne sono discriminate praticamente ovunque
Shrin Ebadi: "La democrazia in Iran ci sarà, ma non si sa ancora quando e a che prezzo"
In Iran una donna vale la metà di un uomo, eppure il 65% degli iscritti alle università è costituito da ragazze. È il paradosso di un Paese dove le adultere sono lapidate, ma dove il diritto di voto fu esteso alle donne nel 1960, prima che in Svizzera, e dove ancora oggi, sotto il regime ultraconservatore di Mahmud Ahmadinejad, il gentil sesso conta un ministro della salute e 15 deputate su 290.
Nel 2003 Shirin Ebadi è stata la prima donna musulmana, nonché iraniana, ad aver ricevuto il premio Nobel per la Pace. Il 21 luglio di quest'anno è stata presente alla manifestazione 'Genova Città dei Diritti', durante la quale il sindaco del capoluogo ligure Marta Vincenzi le ha conferito la cittadinanza onoraria. In occasione di questa giornata è stata dedicata una piazza alle donne di Teheran e si è tenuto un incontro pubblico a palazzo Tursi, dove Shirin Ebadi è stata intervistata da Barbara Schiavulli, Ilaria Cavo e Jennifer Clark.
In Iran le donne di una certa età ricordano ancora oggi le libertà di cui godevano prima del regime khomeinista. “Dopo la rivoluzione del 1979 – racconta il Nobel – le leggi non sono state più in linea con la posizione culturale avanzata delle iraniane. In caso di risarcimento la vita di una donna vale il 50% rispetto a quella di un uomo, e così pure la sua testimonianza in tribunale. Per fare qualsiasi lavoro o un viaggio occorre il permesso del marito, che può avere fino a quattro mogli e ripudiarle senza motivo, mentre per una donna ottenere il divorzio è praticamente impossibile”.
Secondo Shirin Ebadi il Corano, correttamente interpretato, non è inconciliabile con la libertà, la pace e il rispetto dei diritti umani. E ricorda che le discriminazioni contro le donne avvengono in tutto il mondo: “In Somalia e in Sudan si pratica la mutilazione genitale anche in famiglie di religione cristiana. In India molte donne si suicidano perché non hanno la dote per sposarsi, mentre in Cina, nonostante il governo vieti l'ecografia per sapere il sesso del nascituro, si praticano aborti selettivi delle femmine. Per non parlare dell'Afghanistan, dove nonostante le quote rosa previste dalla nuova Costituzione non è cambiato nulla e le scuole femminili vengono incendiate. La radice è in una cultura patriarcale che non accetta l'uguaglianza tra le persone, e in cui gli uomini pensano di essere padroni delle donne. Anche in Europa sono le ultime a beneficiare della democrazia, quelle ministro o con incarichi politici sono poche. Quando mai, in Italia, c'è stato un presidente della Repubblica o del Consiglio donna?”.
Per un futuro diverso in Iran, Shirin Ebadi nutre fiducia nella sua gente: “La cultura per cambiare le cose c'è, ma il regime non ascolta. Il movimento per l'uguaglianza è molto forte, ha sede nelle case di chi ci crede. La democrazia ci sarà, ma non si sa ancora quando e a che prezzo. Su questo influiscono molti fattori, come il rapporto coi Paesi confinanti e con gli Stati Uniti. Mi aspetto la solidarietà dai popoli, non dai governi”. Anche Internet ha la sua importanza: “Ha aiutato gli iraniani ad aggirare la censura, e tutto quello che accade in Iran, cinque minuti dopo, si vede sul computer”.
Il Nobel critica le ultime sanzioni economiche firmate dal presidente Obama: “Non sono d'accordo, perché sono a beneficio del loro Paese, mentre per gli iraniani è peggio: il regime, con la scusa della sicurezza, aumenta l'oppressione e il nazionalismo del popolo che si sente attaccato. Le sanzioni approvate nella quarta risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu, invece, riguardano le armi e colpiscono i militari, non la gente”.
Riguardo all'Iran, si parla molto di nucleare e poco di diritti umani. Shirin Ebadi lancia una provocazione: “Ogni volta che sentiamo i notiziari ci fanno vedere la faccia di Ahmadinejad, ma in Iran vivono 70 milioni di persone. In Italia Berlusconi rappresenta forse tutta la comunità? Un presidente e qualche ministro non costituiscono la civiltà di un Paese”.
(Nicola Ganci, mixamag.it)
quanto sento dire frasi dai politici recitare (ad esempio) in tal modo "il popolo italiano è con voi" mi viene da pensare al fatto che sia anche vero, ma non è che avendo detto questo hai detto chissà cosa,leggasi Ahmadinejad o il Nano portatore di democrazia...che non possono rappresentare i loro rispettivi popoli (magari lo facessero,in meglio ovviamente.
RispondiEliminalasciando stare questo pensiero....purtroppo avessimo una visione più laicista della religione senza andare a cercare interpretazioni fantasiose e cominciassimo a vedere meno pregiudizi e ad avere meno remore del gentilsesso,si parlerebbe di problemi di entità minore...ma d'altronde sembra proprio che la storia sia una inutile materia dalla quale non dover imparare nulla...
concordo. non si impara nulla dalla storia, continuiamo in forme diverse, nuove, sempre più abominevoli nella lotta al nostro piccolo niente!
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