Nella provincia di Herat, con il sostegno del contingente italiano.
Fare la giornalista in Afghanistan può essere molto pericoloso. Le donne che si avventurano in quel campo fronteggiano quotidianamente aggressioni, spesso rischiano la vita. A poche ragazze viene in mente di studiare giornalismo.
Tre giornaliste afghane hanno deciso di sfidare questa tendenza. Hanno fondato tre mesi fa il primo centro di giornalismo del paese rivolto esclusivamente alle donne. L’obiettivo è formare laureate in giornalismo ed aiutarle a trovare lavoro nel mondo dei media nella provincia di Herat e in quelle vicine.
L’Università di Herat aveva già incominciato otto anni fa un programma aperto alle aspiranti giornaliste. Ma le ragazze che si diplomavano lì, circa venti all’anno, «Finivano coll’insegnare nelle scuole, perché non trovavano posto nei media locali o per pregiudizi sociali», dice Fawzia Fakhri, direttrice del nuovo centro. Il centro nasce quindi «per incoraggiare le donne che hanno studiato quattro anni per diplomarsi in giornalismo».
Fawzia Fakhri ha 30 anni, ha dovuto faticare molto per arrivare dov’è adesso. Brillante studentessa all’universita di Kabul, si è laureata nel 1996. Voleva diventare un medico. La sua carriera viene bruscamente interrotta quando i talebani prendono il potere. Si iscrive allora a una scuola per ostetriche, l’unica possibilità per una ragazza che voleva studiare medicina. Caduto il regime, cerca di riprendere il suo sogno, ma stavolta è la famiglia ad opporsi. Oggi ha alle spalle quattro anni in una stazione radiofonica di sole donne, Radio Sahar e collabora anche con giornali locali.
«In passato ci sono stati almeno tre centri dedicati al giornalismo – dice la Fakhri – ma non ci sono mai andata: le donne non erano mai invitate». La sua scuola, invece, avrà corsi pratici in tutti i settori. L’obiettivo è aprire un sito web, una radio e una televisione tutte al femminile. «Abbiamo bisogno del sostegno dei governi e delle organizzazioni internazionali», dice Fawzia. Ad oggi sono già arrivati quattro computer dal team italiano per la ricostruzione della provincia.
Fare la giornalista in Afghanistan può essere molto pericoloso. Le donne che si avventurano in quel campo fronteggiano quotidianamente aggressioni, spesso rischiano la vita. A poche ragazze viene in mente di studiare giornalismo.
Tre giornaliste afghane hanno deciso di sfidare questa tendenza. Hanno fondato tre mesi fa il primo centro di giornalismo del paese rivolto esclusivamente alle donne. L’obiettivo è formare laureate in giornalismo ed aiutarle a trovare lavoro nel mondo dei media nella provincia di Herat e in quelle vicine.
L’Università di Herat aveva già incominciato otto anni fa un programma aperto alle aspiranti giornaliste. Ma le ragazze che si diplomavano lì, circa venti all’anno, «Finivano coll’insegnare nelle scuole, perché non trovavano posto nei media locali o per pregiudizi sociali», dice Fawzia Fakhri, direttrice del nuovo centro. Il centro nasce quindi «per incoraggiare le donne che hanno studiato quattro anni per diplomarsi in giornalismo».
Fawzia Fakhri ha 30 anni, ha dovuto faticare molto per arrivare dov’è adesso. Brillante studentessa all’universita di Kabul, si è laureata nel 1996. Voleva diventare un medico. La sua carriera viene bruscamente interrotta quando i talebani prendono il potere. Si iscrive allora a una scuola per ostetriche, l’unica possibilità per una ragazza che voleva studiare medicina. Caduto il regime, cerca di riprendere il suo sogno, ma stavolta è la famiglia ad opporsi. Oggi ha alle spalle quattro anni in una stazione radiofonica di sole donne, Radio Sahar e collabora anche con giornali locali.
«In passato ci sono stati almeno tre centri dedicati al giornalismo – dice la Fakhri – ma non ci sono mai andata: le donne non erano mai invitate». La sua scuola, invece, avrà corsi pratici in tutti i settori. L’obiettivo è aprire un sito web, una radio e una televisione tutte al femminile. «Abbiamo bisogno del sostegno dei governi e delle organizzazioni internazionali», dice Fawzia. Ad oggi sono già arrivati quattro computer dal team italiano per la ricostruzione della provincia.
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