martedì 18 maggio 2010

Imperia: storia di un poncho.

La copertina è di quelle colorate, spesse e ruvide. Uno di quei tessuti con cui ci si fa il poncho, animati da decorazioni che ricordano i lama e le Ande. Un cotonaccio grezzo che, sotto la pioggia, si è inzuppato di gocce e ha pesato sul suo corpicino intirizzito. Ma è stata proprio quella copertina ad attirare l’attenzione di un passante. Sotto quel tessuto, che se fosse un poncho sarebbe stato impermeabile, sta una bambina di otto mesi, dimenticata in una carrozzina, al bordo di una strada.
Quel passante l’ha trovata così, abbandonata, semi-assiderata dal freddo nel buio, avvolta dall’umidità per ore, da mezzanotte alle tre del mattino. Gli basta sollevare la copertina per capire che c’è bisogno dei soccorsi. Chiama la Croce Rossa poi il 113, e aspetta. Guarda la piccola tremare, non lascia la carrozzina, si chiede dove siano i genitori, chi l’abbia lasciata così, sotto la pioggia. Sono minuti concitati.
I soccorsi arrivano in fretta e quel passante tira un sospiro di sollievo. Non sa che qualcun altro ha allertato la polizia, per trovare la bambina. Ma è lui che le ha salvato la vita, le sta vicino mentre viene caricata con la coperta umida e la carrozzina sull’ambulanza, diretta in ospedale. Si salverà, deve aver sperato; ma non deve averlo lasciato il pensiero rivolto a chi l’ha messa al mondo e poi buttata in un angolo, e dimenticata.
Quel qualcuno, immagina, viene dalle Ande; lo racconta la coperta che assomiglia a un poncho. E infatti la polizia ha appena ricevuto la segnalazione di scomparsa da parte di due peruviani. Lei ha 33 anni, lui ne ha 39; entrambi sono badanti, accudiscono qualcuno che non è la loro bambina. Sono corsi in Questura perché non trovano più la figlia. Si è volatilizzata, dicono, non si spiegano come, né dove. Gli agenti li interrogano per sapere cosa sia successo, li fanno sedere, ascoltano le parole di due genitori ubriacati. Sì, perché i due badanti hanno alzato il gomito.
La madre, nel pomeriggio, si è allontanata con la carrozzina per andare ai giardini pubblici, il punto di ritrovo con i suoi amici e connazionali. Lì, però, non si gioca, non ci sono altalene. C’è il Pisco sour, la bevanda peruviana a base di brandy e uva; non manca la birra, forse c’è anche il vino. I giri di bicchiere portano alle nove di sera passate, quando arriva il padre e si unisce alla baldoria; poi, prende la carrozzina e la porta lontano. La mamma torna a casa, sicura che la piccola sia con il marito e si prepara per andare a dormire. Il marito torna, ma è solo. La testa e gli occhi si fanno allora leggeri per la sorpresa, i due escono, ripercorrono strade e frugano negli angoli; poi, arrivano in Questura, l’ultima spiaggia, e raccontano la storia, ubriachi. Mentre parlavano squilla il telefono: è il passante che ha notato la copertina colorata; dice che è urgente, che la piccola è semi-assiderata. Da quel telefono, che sta sotto gli occhi arrossati dei due peruviani spaventati, parte la chiamata di allerta ai servizi sociali e al tribunale dei Minori: risponderanno di abbandono di minore. Non l’hanno abbandonata, ripetono stanchi. Eppure al loro posto, c’è quel passante adesso. Dall’altro capo del filo, tiene sollevata la coperta di cotonaccio e guarda la loro figlia tremare.

Giovanna Boglietti

(La Stampa on line: articolo)

3 commenti:

  1. che la piccola possa crescere bene a fianco di genitori responsabili,chiunque essi siano...i naturali (che spero abbiano imparato da questa esperienza) o altri.

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  2. credo che il lieto fine non ci sarà, caro L. Quando entrano in campo servizi sociali e tribunale dei minori, le cose non prendono mai la piega del ritorno a casa. E non so se per la bambina questa sia una soluzione giusta, o meno.

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  3. considerando anche che certi elementi dei servizi sociali farebbero meglio a zappare la terra,direi che la bimba corre un brutto rischio...spero davvero di no!

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