E così, il femminismo italiano ha avuto durata breve, è stato marginale. E il suo ripiegamento riflessivo ha contribuito a danneggiare le donne lavoratrici, le donne madri, le donne omosessuali, le donne avventurose, e tutte le minoranze. Anche grazie allo scarso femminismo, in Italia non si è mai creata una vera cultura del politicamente corretto. Che non è (solo) una censura sui battutoni; è soprattutto rispetto per l'altro/a. Che altrove ha portato alle donne vita più facile e fatiche domestiche condivise; che (per dire) fa sì che negli Stati Uniti ci sia un presidente nero e un'icona dell'opposizione femmina e di estrema destra. Della cui assenza in Italia, tutte e tutti stiamo pagando il prezzo: razzismi multipli, misoginia e maschilismi fieri, insensibilità collettiva a comportamenti privati di persone pubbliche che altrove porterebbero crisi e dimissioni. L'assenza di political correctness femminista ha poi legittimato un sessismo ordinario capillare, negli uffici, nelle famiglie, nelle relazioni. Tanto comunemente tollerato e incoraggiato da far accettare che la liberazione sessuale venisse trattata come un grosso business.
Più redditizio che altrove, è noto. Perché non controbilanciato da movimenti di opinione femminili (e non) che criticassero l'onnipresenza di seni e glutei, la cooptazione in base all'età e all'aspetto, le continue discriminazioni. Anche per questo — Tamaro giustamente lo denuncia — siamo circondati da ragazzine e bambine aspiranti veline. Anche per questo non abbiamo modelli femminili validi, magari non attraenti, che non siano showgirls. Non per questo le ragazzine sono più promiscue, come lamenta Tamaro. Lo sono meno di tante adolescenti della sua generazione, e della mia. Sono meno libere di dieci o venti anni fa; non sono libere di sognare e sperare, soprattutto (specie le non-aspiranti veline). E non solo per colpa della recessione. Per colpa di una società asfittica, che tende a guardare indietro, che non conosce e non accetta nuove figure femminili. «Siamo sole», conclude Tamaro. Sì, lo siamo. Le ragazze precarie, le madri stanche, le donne che devono abortire e non trovano un ginecologo non obiettore, le sedicenni che non sanno dove andare a chiedere un contraccettivo e dipendono dal preservativo dei partner, le straniere abbandonate a se stesse, sono solissime. C'è bisogno di più femminismo, forse, casomai.
Maria Laura Rodotà (Corriere.it)
primo appunto:vedo troppe persone di sesso maschile che decidono per le donne...e non so quanto ne sappiano di donne.sbaglio?
RispondiEliminasecondo appunto:libertà non vuol dire libertinaggio...facendo cosa si vuole senza "regolamentazione" ci troviamo ad avere di tutto e di più in tutti i sensi,senza capirci molto
terzo appunto:avere molte ragazze che hanno il sogno della velina o della PUPA(senza secchione ovviamente!) fa cascare i cosiddetti anche a noi ragazzuoli...e questo abbandono è dovuto alla mancanza del vero dialogo...perchè la gente vorrebbe parlare davvero,quasi come sfogarsi...e in questa società dove tutto quanto ho raccontato è di fatto un unico circolo vizioso,tanto femminismo servirebbe per fare un pò di pulizia (mentale)....
sono d'accordo su tutti i tre punti; eppure, temo che la rivolta femminista in questi anni stia pietrificando il dialogo di cui parli. va in parallelo la sempre costante matrice maschilista che fa da sfondo alla nostra società. la diversità è ricchezza, ma rischia di farsi chilometri che allontanano...
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