mercoledì 31 marzo 2010
Singolare femminile, donna
sabato 27 marzo 2010
Sesto giorno: Mondiali di pattinaggio di figura, Torino 2010.
Quinto giorno: Mondiali pattinaggio di figura, Torino 2010.
Mixed Zone
giovedì 25 marzo 2010
Quarto giorno: Mondiali pattinaggio di figura, Torino 2010.
Terzo giorno: Mondiali pattinaggio di figura, Torino 2010.
mercoledì 24 marzo 2010
Secondo giorno: Mondiali pattinaggio di figura, Torino 2010.
I campionati entrano nel vivo, mattinata di gare dedicata alla Ice Dance - programma obbligatorio, danza sul ghiaccio. Tra i primi italiani ad esibirsi la coppia Federica Faiella - Massimo Scali, quinti alle Olimpiadi di Vancouver, vicecampioni europei del 2009 e quinti ai mondiali del 2008.
L'esibizione più "calda" della cerimonia di apertura, sulla musica della italianissima "Qui dove il mare luccica". Per vederla con i propri occhi il video di Torino 2.0.
lunedì 22 marzo 2010
Primo giorno: Mondiali pattinaggio di figura, Torino 2010.
martedì 16 marzo 2010
C'è dittatura e dittatura
"Questo film può aiutare gli spettatori a capire tante cose. Interessante non è solo la lotta contro la dittatura, ma la denuncia contro una dittatura del maschilismo che non riguarda solo l'Oriente iraniano ma anche noi, oggi. La dittatura è un animale maschile, la democrazia forse è un animale femminile".
Maurizio Turrioni, per "Famiglia cristiana"
Guarda il video.
lunedì 15 marzo 2010
Occhi alla tette!
giovedì 11 marzo 2010
Donne senza uomini
Donne senza uomini è la trasposizione del libro omonimo di Shahrnush Parsipur e segna il debutto alla regia dell’artista iraniana Shirin Neshat che con la pellicola ha vinto il Leone d’argento alla scorsa edizione della mostra del cinema di Venezia.
Il film è ambientato nel 1953, durante il conflitto per emancipare la Persia dalle potenze europee e ottenere la nazionalizzazione della Anglo-Iranian Oil Company. Le vite di quattro donne di diversa estrazione sociale si intrecciano: Munis ha una forte coscienza politica e resiste all’isolamento impostole dal fratello, Faezeh sogna di sposare l’uomo che ama, Fakhiri è sposata ma non innamorata e per questo lascia il marito e riaccende un sentimento trascorso, Zarin è una prostituta che ha subito abusi dagli uomini dei quali non distingue più i volti…
Dal 12 marzo al cinema.
Meglio "gobbi" che precari
Si dice che la crisi non guarda in faccia a nessuno, ma domani forse dovrà arrendersi. Perché domani, a sfidarla, saranno i giovani, quelli che il suo sguardo magari non l’hanno ancora incrociato davvero, ma che non hanno paura di farlo. Per questo, i ragazzi di tutta Italia hanno prestato il loro volto e le loro parole alla causa della Fotopetizione nazionale “Un urlo contro la crisi”, organizzata dai giovani della Cgil, in vista dello sciopero generale del 12 marzo, con la collaborazione di Unione degli Universitari, Rete degli Studenti Medi e Unione degli Studenti.
La Fotopetizione è partita il 27 febbraio e ha coinvolto studenti e giovani lavoratori che si sono fatti scattare una foto con un fumetto per esprimere la propria condizione lavorativa. Una galleria fotografica di ansie, serie difficoltà e aspettative ha così preso vita dapprima nelle piazze di 10 città italiane – da Roma a Napoli, da Perugia fino a Torino – e continuerà sino a domani su internet, all’indirizzo del gruppo Flickr “fotopetizione un urlo contro la crisi”, dove è possibile scaricare parte delle migliaia di testimonianze raccolte. La Cgil Piemonte a Torino, dove gli scatti in piazza sono stati fatti nel pomeriggio del 27 febbraio in Largo Saluzzo, si aggiudica il quarto posto nella lista dei collaboratori più “meritevoli” con quasi sessanta fotografie, subito dopo la Cgil di Roma e Lazio (93), l’Udu di Palermo (84) e la Cgil Umbria (80).
“Abbiamo impresso l’urlo collettivo” spiega Ilaria Lani, responsabile politiche giovanili della Cgil Nazionale “Porteremo queste rivendicazioni in piazza, per farle sentire a chi ha in mano il loro futuro”.
La Cgil non si è fermata però alla Fotopetizione, ha steso infatti una “Agenda anticrisi per i giovani”, costruita attorno a sette punti fondamentali: un buon lavoro e una buona retribuzione, un contratto sicuro, un sapere rivalutato, un reddito per i periodi di non lavoro, una casa a basso costo, una pensione certa. L’ultimo punto riguarda la ricostruzione della rappresentanza sindacale a partire da “una nuova leva di giovani delegati”, un’attenzione che tocca il mondo giovanile non solo fuori ma all’interno del sindacato stesso.
Spiega Ilaria Lani: “Il rapporto con le realtà studentesche di ispirazione sindacale è stato coltivato fin dalla loro nascita, nel 1994. Da un anno abbiamo pensato a uno spazio specifico per i giovani all’interno del sindacato, per far emergere la sensibilità di una generazione per lo più esclusa dal mondo del lavoro. Una priorità che non vuol dire creare una struttura giovanile perché non avrebbe senso, dato che l’organizzazione sindacale è a livello contrattuale con strutture di categoria o territoriali. Chi è precario non partecipa al sindacato perché spesso non gode dei diritti sindacali minimi, come quello a votare i delegati o a riunirsi in assemblea. Il mondo del lavoro è cambiato, si va destrutturalizzando e oggi fare sindacato è più complesso. È anche vero che il sindacato stesso, in passato, è stato poco capace di pensare a una struttura per ricucire lo strappo con le nuove generazioni. Si stanno muovendo i primi passi”.
Giovanna Boglietti
Futura (www.futura.unito.it)
martedì 9 marzo 2010
Ridateci le amanti
Soltanto questo chiedo all’8 marzo che è andato, e non mi sembra di macchiarmi di bacchettonismo o di vetero-femminismo. Anche quest’anno si è provato a festeggiare una Donna, ma nessuno sa più quale. In nome di non è ben chiaro che cosa, si sono chieste mimose, manifestazioni, piazze gremite. Persino uno sciopero della categoria. Forse per far vedere quante siamo: come gli immigrati una settimana fa.
Io chiedo che nelle stanze del potere ritornino almeno loro, le amanti. Voglio di nuovo la Donna del Capo. Anni ed anni di femminismo spesi a lottare contro questa figura considerata eretica. Era la subalterna, quella che aspettava il Lui di turno, e lo svagava nei rari momenti liberi concessi a un leader. Orrore, si è sempre pensato. Che cosa ne è delle rivendicazioni e dei diritti, o dell'affermazione della nostra personalità se siamo delle semplici amanti?
Errore, dico io, ora che abbiamo una classe politica che è stata così cortese da dare ragione alle donne. Tenetevi le amanti, non sappiamo che farcene, troppo impegnative, hanno detto. Molto meglio un'ora con una, tre quarti d’ora con un'altra: almeno finché da qualche parte si troveranno soldi a sufficienza per comprarle. E con estrema disinvoltura si sono liberati di noi che il sesso non l'abbiamo mai considerato una merce.
Errore, sì. Come possiamo fidarci di uomini che si circondano di donne che hanno soltanto un ruolo riproduttivo-ricreativo? Che senso ha sperare che nelle stanze del potere degli enti o delle aziende - o di qualsiasi apparato politico, economico, amministrativo - appaia una di noi se le uniche funzioni riconosciute sono quelle di far figli o dare una pausa di piacere sessuale? Che società costruiranno persone che riducono il sesso ad una pulsione da soddisfare indipendentemente dalla bambola che hanno a tiro? Quali sfide potranno far vincere al loro Paese leaders che imboccano le scorciatoie anche nei rapporti con donne e trans, preferendo acquistarle, un tanto a prestazione? E che uomini sono quelli che vivono senza amore?
Pensate che tra Claretta Petacci e Benito Mussolini esistesse solo una storia di letto? O che Nilde Iotti e Palmiro Togliatti abbiano sfidato la gogna di una relazione clandestina durata anni soltanto per un po' di piacere sessuale? O che Bettino Craxi affrontasse litigi e capricci di Anja Pieroni o di Patrizia Caselli, esclusivamente per la loro avvenenza? E pensate che tutti e tre - Mussolini, Togliatti o Craxi - nutrissero meno rispetto per le loro donne di quello suggerito dalle cronache degli ultimi mesi?
Io no, e quindi, per favore, vi pregherei di ridarci almeno le amanti, quelle capaci di far perdere la testa agli uomini di potere. E di ricordare loro che esiste l'amore: per noi donne l'unico sentimento per cui vale la pena smuovere anche le montagne.
(Flavia Amabile - La Stampa)
mercoledì 3 marzo 2010
I talebani bruciano la bellezza con l’acido, alcuni italiani la ricostruiscono
“Acidificate” perché basta un bicchiere in pieno viso e il tessuto della pelle è divorato in un istante. Si perde la vista, il capello non ricresce, si blocca il movimento facciale, costringendo spesso ad alimentarsi di liquidi per mezzo di una cannuccia. L’acido penetra fino alle ossa, intaccando i muscoli. In alcuni casi le vittime muoiono. Altre tentano il suicidio. Non sopportano la vista di quei tronchi umani. E poi i danni causati dall’acido sono molto più gravi delle ustioni da fuoco, che durano soltanto finché la fiamma è accesa; l’acido invece continua a corrodere anche molto tempo dopo.
Donne punite spesso nel momento in cui sono più indifese, nel sonno o mentre aspettano di raccogliere l’acqua. Gli sharioti, gli oscurantisti delle legge islamica, le famiglie “offese” dalla libertà di queste ragazze, non gettano l’acido per uccidere, ma per marchiare la sopravvivenza. Secondo “Smileagain” non è nemmeno possibile ipotizzare il numero delle donne colpite.
“E’ difficile sapere quante siano perché è una questione di ‘disonore’, le ragazze si sentono in colpa, ‘mi hanno acidificato perché ho sbagliato’, così non parlano”, dice al Foglio la signora Daniela, segretaria audace di Smileagain. “Ad aiutare queste donne ci ha spinto il loro grido di aiuto apparso su libri e giornali. I nostri medici vanno diverse volte all’anno in Pakistan, si scelgono i casi più gravi: una persona per riavere un volto ‘umano’, non diciamo bello, va operata più volte, fino a quindici interventi. Una ragazza di Lahore aveva il volto come un manichino, era cieca, le erano rimasti soltanto dei bellissimi denti. L’acido scioglie la pelle come una candela. L’anno scorso una ragazza pakistana era in cucina, con il ragazzo. Lei gli ha detto che non lo voleva, lui le ha bruciato la faccia. Oggi ha soltanto metà volto intatto”.
Perché l’acido? “Perché agisce rovinando il viso senza uccidere. E il viso perché è la loro unica ricchezza, sono ragazze povere ma belle, dopo l’acidificazione saranno inutili. La loro unica ricchezza è la bellezza, il colore della pelle, così alla donna si ruba tutto. Una ragazza è stata qui tre anni, mi accarezzava i capelli, diceva che anche lei li aveva. Così le abbiamo ridato anche i capelli, con vari trapianti”.
Il dottor Losasso, fondatore di “Smileagain”, sta per tornare in Pakistan. “L’ultima che ho operato aveva sedici anni, aggredita da un uomo di quarantadue, acidificata al volto, al torace e agli arti. Tutte le sue fattezze erano devastate. Parliamo di bambine abbandonate spesso anche dalla famiglia che si vergogna di avere una figlia ‘colpevole’”. Daniela ci parla di Nasreen. “Aveva quindici anni, un uomo di trentacinque anni la corteggiava, lei ha rifiutato le proposte. Nasreen stava dormendo quando l’acido le ha bruciato tutto, il nervo ottico, il bulbo. C’era tutta la famiglia di lui a bruciarla. In Italia si sentiva in colpa, l’unica cosa che la gratificava era il risarcimento avuto dai genitori, poverissimi. Nasreen è tornata in Pakistan, ha di nuovo un volto, non vede e legge in braille, ma è tornata a vivere”.
(Giulio Meotti - Il Foglio. it)