TRA LA CARNE E IL PESCE
Stranieri italiani, come Sanaa Dafani. I figli di immigrati si sentono “individui a metà”.
“Né carne, né pesce: probabilmente uovo”. Si definisce così Lucia Ghebreghiorges, di origine etiope, figlia di immigrati. Lei si occupa di comunicazione, il suo accento romano non la tradisce: Lucia è italiana. Ma anche una rappresentante di Rete G2, l’associazione nazionale fondata da figli di immigrati e rifugiati in Italia che hanno creato sul web un network per condividere le loro storie. Figli che hanno il compito, non sempre facile, di fare "da ponte" con le loro famiglie: “Fare parte di una seconda generazione vuol dire essere figli di immigrati, vivere la vita dei propri genitori non appieno ma per riflesso, e sentirsi completamente integrati nel territorio italiano. Eppure si oscilla nel mezzo e si ha la sensazione di dover badare alla famiglia, anche solo dal punto di vista linguistico. Detto questo, è vero che tra padri e figli è in corso un conflitto generazionale, ma si tratta di un passaggio che vive qualsiasi famiglia italiana. Le difficoltà si rintracciano nelle piccole cose, ma molto dipende dalle origini e dalla religione: i più chiusi sono i musulmani e i cinesi, però non è giusto generalizzare”. Di Hina Saleem e Sanaa Dafani, uccise perché amavano due italiani da famiglie che tuttora non si sono pentite, Lucia dice: “In quelle famiglie c’è mancanza di comunicazione. Il forte tradizionalismo impedisce agli adulti di capire come i figli si vedono nella società. Sono situazioni estreme, però; infatti, gli amori contrastati tra italiani e stranieri – si parla spesso di matrimoni misti – non fanno parte delle seconde generazioni perché queste condividono molto, se non tutto a volte, con i loro coetanei italiani”. Proprio l’Italia, secondo Lucia, dovrebbe tutelare i figli di immigrati: “Il 60 per cento dei bambini di immigrati nasce in Italia. Eppure, a un figlio di seconda generazione non viene garantito il diritto di cittadinanza e spesso neanche il rispetto culturale che gli si dovrebbe. Le terze generazioni vivranno meglio perchè saranno capite, ma devono acquistare un'identità. Non parlerei quindi solo di un problema “intra-etnico”, ma della necessità di far sentire italiano chi italiano, in fondo, lo è già”. (nella foto: Claudio Cintoli,"Uovo nuovo", 1975)
Giovanna Boglietti
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