domenica 26 aprile 2009

Lilli Gruber (giornalista)


I capelli rossi raccolti nel classico chigon, tailleur nero ravvivato da una collana di perle e pietre verdeacqua, tacchi appena accennati. Dietro all'aspetto di Lilli Gruber si nasconde una donna di polso, piena di passioni; una donna che ha svolto il suo mestiere "tenendo sempre la schiena ritta", come tiene a precisare.
Lilli Gruber, prima conduttrice in Italia di un notiziario da prima serata e mezzobusto Rai più ammirato dagli italiani, è stata una degli ospiti accolti con maggiore calore dal pubblico torinese, in occasione della Biennale della Democrazia.
Conclusa in anticipo l'esperienza al Parlamento Europeo sotto la bandiera dell'Ulivo, Gruber ha ricordato agli ascoltatori il percorso che l'ha portata a Bruxelles e, da qualche mese, alla conduzione di "Otto e mezzo" su La7.
La sua è una riflessione aspra sulla situazione in cui versa l'informazione, televisiva in particolare, ai giorni nostri. Un'informazione sempre più controllata dai governi al potere e sempre meno approfondita.
"Ho lasciato la redazione del Tg1 nel 2004, perchè le pressioni che ricevevo come giornalista erano insopportabili" - ha spiegato - La mancanza di libertà di informazione stravolge prima di tutto, il mestiere stesso del giornalista, al quale viene impedito di lavorare. A farne le spese, poi, sono i telespettori".
Notizie filtrate, controllate, insabbiate. Lilli Gruber parla chiaramente della "differenza fra informazione e manipolazione" e della necessità di ridare valore alla notizia e alla gerarchia delle notizie, nazionali ed estere. Evitando la trappola dell'infotainement, intrattenimento e informazione, che non permette di scindere realtà e fiction.
"Il giornalista non è un combattente solo, in mezzo al deserto. Deve rispettare le scelte dei suoi superiori - ha aggiunto - Ma può mettere il telespettatore sull'avviso, può fare intendere che ci può essere un filtro poco imparziale alla notizia. E il pubblico deve essere preparato a mettere in discussione i mezzi d'informazione, deve armarsi di spirito critico".
Il pensiero strettamente personale che chiude la riflessione di Lilli Gruber va all'etica della donna e della giornalista: " La democrazia non è mai equipaggiata al meglio. Ma ognuno è padrone di se stesso, se ci mette la faccia nel suo mestiere gioca per sè. L'onestà è sempre riconosciuta".

Giovanna B.

1 commento:

  1. siamo cresciuti (noi giovani) col pensiero che certe censure facessero parte del passato...oggi in maniera molto più netta e lampante si capisce che c'è sempre stata...
    fortuna che esiste internet...sempre che non facciano casini in questo periodo in cui tra vari facebook e quant'altro,sembra si debba demonizzare il pensiero contro rispetto alle "direttive" di governo o di qualunque altra natura.

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